Caffè, focaccia e la rotta smarrita del buonsenso
Venerdì mattina, bar in piazza storica.
Un caffè, una slerfa di focaccia e cinque minuti di pace prima di tornare alla realtà.
Entrano due signori eleganti — di quelli che sembrano usciti da una rivista: camicia perfetta, mocassini lucidi e l’aria di chi non ha mai preso un autobus in vita sua.
A voce alta, come se fossero al telegiornale, comincia il lamento:“È uno scandalo che abbiano rinviato le Frecce Tricolori!”
“Uè… una vergogna! Avevo invitato i miei amici per il weekend e hanno annullato tutto!”E lì, lo confesso, il mio caffè ha smesso di essere rilassante.
Mi giro e, con calma (più o meno), dico: “Signore, ci sono stati dei morti. Dei piloti, in addestramento.
Forse è giusto che per rispetto si fermino gli spettacoli, no?”
Lui mi guarda come se gli avessi toccato il portafoglio.
Ci pensa un secondo e poi spara la perla:“Eh beh… sono militari, fa parte del loro lavoro!”
A quel punto, lo sguardo che gli ho lanciato valeva più di mille parole — e probabilmente gli ha fatto capire che era il momento di allontanarsi, con tutti i suoi capi firmati e la sua indignazione a corrente alternata.Mi chiedo sempre come si possa arrivare a tanto egoismo, a un livello tale da non distinguere più la differenza tra un disagio e una tragedia.
Ma forse interpretano benissimo il mondo in cui viviamo: un mondo dove le ancore morali sono state tirate su da un pezzo, e certi cervelli… sono rimasti alla deriva nel porto dell’indifferenza.
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