Aurelia bis: una storia senza senso
In teoria, il senso ci sarebbe: offrire a Savona una circonvallazione decente, a circa 100 anni dall’inaugurazione della strada costiera. Ma in Italia, costruire pochi chilometri di una semplice strada statale si trasforma in un’impresa titanica.
Dopo circa 20 anni di tentativi, pochi chilometri rimangono un traguardo lontano, fra fallimenti a ripetizione e una situazione grottesca. Oggi i lavoratori dell’ennesima azienda incaricata dei lavori sono in sciopero permanente: niente stipendi, nessuna prospettiva e una generale indifferenza.
O forse non è solo indifferenza. È rassegnazione da parte della gente comune, ormai esasperata. Quello che potrebbe sembrare ridicolo è invece profondamente drammatico. A Grana, ad Albisola, una montagna di detriti è lì da decenni come un triste monumento al degrado del nostro sistema. La situazione del resto è chiara a tutti: basta percorrere la “bretella” tra le due Albisole per rendersi conto che siamo ben lontani dal progresso.
Eppure, la soluzione non sarebbe complicata: imporre alle aziende aggiudicatarie l’obbligo di un fido bancario pari al valore dell’opera. Se non finiscono i lavori, i fondi vengono prelevati e l’opera viene affidata a qualcun altro. Semplice, no?
Intanto, i sindaci si mobilitano giustamente per qualcosa che dovrebbe essere del tutto normale: completare una strada, un’opera rimasta in sospeso per decenni. È surreale pensare che il progetto originale prevedeva il coinvolgimento di Varazze: l’Aurelia bis avrebbe dovuto iniziare da Pecorile.
Ma come sempre, una parte è stata cancellata. La tratta tra Celle e Albisola è sparita dai piani, lasciando i cittadini di Varazze condannati, anche una volta completata l’Aurelia bis, a percorrere la litoranea per raggiungere Savona.
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